Possibili effetti della riforma fiscale svizzera ai fini fiscali italiani
Il livello di tassazione post-riforma e le possibili conseguenze dal punto di vista della normativa italiana in materia di regimi fiscali privilegiati. Di Katrin Oberhauser — Junior Partner LED Taxand Studio Legale Tributario
In data 19 maggio 2019 la Svizzera ha accettato in votazione popolare la Legge federale sulla riforma fiscale svizzera e sul finanziamento dell’AVS. Con l’approvazione della legge menzionata, che entrerà in vigore integralmente con data 1° gennaio 2020, il sistema fiscale svizzero da un lato si modernizza e dall’altro si armonizza con gli standard riconosciuti a livello internazionale.
Il sistema fiscale svizzero prevede che le imposte vengano riscosse a livello federale, cantonale e comunale, ove a livello cantonale e comunale ante riforma erano previsti alcuni privilegi a favore di determinate tipologie di società. In particolare, le società a statuto speciale, quali le società holding, di amministrazione ed ausiliarie, godevano del beneficio di non versare le imposte sugli utili societari a livello cantonale e comunale o di versarle in misura molto ridotta. Con l’entrata in vigore della riforma fiscale tali privilegi andranno a cadere, ove si registreranno tuttavia impatti diversi nei singoli Cantoni. Inoltre, non è più prevista l’applicazione della prassi federale in materia di ripartizione fiscale per le società principali (c.d. Principal), le quali in passato beneficiavano di una parziale imponibilità dell’utile conseguito su tutti tre i livelli di tassazione, nonché di quella relativa agli stabilimenti finanziari d’impresa (Swiss Finance Branch).
Per consentire alla Svizzera di rimanere una sede fiscale interessante per le aziende straniere, la riforma prevede sia disposizioni transitorie, volte ad attenuare le conseguenze dell’abolizione dei regimi speciali, sia nuove misure premiali quali l’introduzione del Patent Box obbligatorio a livello cantonale e l’introduzione facoltativa di incentivi cantonali per sostenere le attività di ricerca e sviluppo sotto forma di maggiore deducibilità di determinate spese sostenute in tale ambito. Ci si attende, inoltre, che un’accresciuta concorrenza tra i Cantoni porti ad una riduzione generalizzata delle aliquote fiscali con l’obiettivo non solo di evitare che le società si spostino in un altro Cantone, ma anche di creare condizioni quadro competitive a livello internazionale. L’implementazione della riforma fiscale dovrebbe quindi portare ad una riduzione della tassazione effettiva che in alcuni Cantoni potrebbe aggirarsi attorno al 12-13%.
Quanto sopra esposto risulta di particolare rilevanza ai fini di quanto previsto dalla normativa italiana in materia di CFC (Controlled Foreign Companies), nonché di tassazione di dividendi e plusvalenze provenienti da Paesi o territori a fiscalità privilegiata. In particolare, con il Decreto attuativo della Direttiva ATAD sono stati introdotti nuovi criteri per l’individuazione dei Paesi o territori a fiscalità privilegiata, attribuendo rilevanza primaria al livello di tassazione. Lo stesso ha di fatto assunto nel corso degli anni un ruolo sempre maggiore sino a diventare uno dei presupposti oggettivi della normativa.
L’attuale disciplina in materia di CFC non guarda più al Paese di residenza dell’entità controllata e quindi non distingue più tra paesi cosiddetti “Black List” e “White List”, ma fa piuttosto riferimento a diversi modelli di tassazione. Di fatto uno dei tre requisiti previsti dalla normativa è avere un livello di tassazione effettiva inferiore alla metà di quello a cui sarebbe soggetta l’entità qualora fosse residente in Italia. Inoltre, il requisito del controllo non è da intendersi in senso stretto, ma secondo la più ampia accezione definita all’interno della normativa.
Per quanto riguarda, invece, il regime di tassazione delle componenti reddituali, ovvero dividendi e plusvalenze, derivanti dalla detenzione di partecipazioni in soggetti non residenti, il Decreto attuativo della Direttiva ATAD ha introdotto specifici tax rate test per l’individuazione dei Paesi o dei territori a fiscalità privilegiata, diversi da quelli appartenenti all’UE o aderenti allo SEE, a seconda che la partecipazione nell’entità estera sia o meno di controllo. In merito alla definizione di controllo, la normativa rimanda, invece, a quanto previsto in materia di CFC.
In estrema sintesi, nel caso in cui la partecipazione nell’entità estera sia di controllo ai sensi di quanto previsto dalla normativa, un Paese o un territorio si considera a fiscalità privilegiata qualora il livello di tassazione effettiva sia inferiore al 50% di quello italiano. Il tax rate effettivo estero deve essere determinato rapportando l’imposta corrente estera all’utile ante imposte, partendo dal bilancio redatto secondo i principi contabili locali e su base stand alone. Il tax rate virtuale interno, da determinarsi con esclusivo riferimento all’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) con un’aliquota attualmente fissata al 24%, si baserà invece su un carico fiscale simulato che l’entità estera avrebbe subito in Italia sulla base di quanto previsto dalla normativa domestica. La determinazione dei criteri per effettuare il test sulla tassazione virtuale italiana è demandata ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, ad oggi non ancora emanato. In via generale si ritiene che i due livelli di tassazione debbano essere calcolati con criteri omogenei, in modo tale che i due valori risultino effettivamente comparabili.
Sulla base di quanto sopra esposto in merito ai possibili livelli di tassazione post-riforma nei singoli Cantoni, potrebbe risultare sufficiente una normativa domestica più stringente, in termini di deduzione di alcuni costi, per far figurare l’entità come residente in un territorio a fiscalità privilegiata ai fini della normativa italiana. Nel caso in cui la partecipazione non sia invece di controllo, un Paese o un territorio si considera a fiscalità privilegiata qualora il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, tenendo conto anche di eventuali regimi speciali.
Per quanto concerne il livello nominale di tassazione in Italia, salvo diverse indicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, si assume debba essere fatto riferimento non solo all’Imposta sul Reddito delle Società, ma anche all’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) con un’aliquota ordinaria attualmente fissata al 3,9%. In merito si rileva che in alcuni Cantoni il livello nominale di tassazione post-riforma potrebbe non consentire di superare la soglia attualmente fissata dalla normativa italiana al 13,95%.
Considerando che le entità svizzere con soci italiani nella propria compagine sociale superano il migliaio e che la platea dei destinatari della normativa sopra illustrata è ampia, includendo persone fisiche, società di persone e di capitali, nonché stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, vi saranno numerosi casi in cui si renderà necessaria un’analisi ad hoc al fine di valutare le conseguenze della riforma fiscale svizzera ai fini fiscali italiani.