Le relazioni economiche tra Svizzera e Italia non possono esser messe a rischio
A colloquio con il consigliere federale Johann Schneider-Ammann, capo del Dipartimento dell’economia, della formazione e della ricerca. Intervista a cura di Lino Terlizzi
L’economia elvetica in questi anni ha tenuto meglio di quelle di altri Paesi sviluppati, contraddicendo le previsioni negative fatte sia in Svizzera che all’estero. Ora si sta riaprendo nuovamente il dibattito: c’è chi afferma che la crescita economica elvetica mostrerà segnali di netta frenata nella prossima fase e chi invece prevede che continuerà ad essere buona. Quali sono le prospettive a suo parere?
La Svizzera sta vivendo una fase di alta congiuntura. L’economia è cresciuta fortemente per diversi trimestri, le imprese investono e assumono più personale. Di conseguenza, anche la disoccupazione è notevolmente diminuita. Inoltre, gli imprenditori guardano fiduciosi al prossimo futuro. Il volume delle commesse resta ben alto, soprattutto nell’industria, e la buona situazione economica internazionale sostiene le esportazioni. In totale, il Prodotto interno lordo (PIL) dovrebbe crescere del 2,9% nel 2018, il che corrisponde alla crescita più forte dal 2010. Nel 2019 la crescita dovrebbe perdere di slancio ma comunque restare solida (+2,0%). Negli ultimi mesi si sono tuttavia accentuati importanti rischi per l’economia mondiale. In particolare, vanno menzionate la controversia commerciale internazionale e l’incertezza politica in Europa (programma di governo in Italia, Brexit). In caso di escalation, l’economia internazionale potrebbe essere rallentata e il franco potrebbe subire un’ulteriore pressione al rialzo. Ciò avrebbe un effetto frenante significativo sul commercio estero e sulla crescita economica della Svizzera.
Per quel che riguarda appunto la controversia commerciale internazionale, qual è più specificamente la posizione della Svizzera sull’attuale ritorno di protezionismo?
Il commercio internazionale sta vivendo un’intensificazione di misure protezionistiche tra le grandi potenze economiche. Queste misure presentano in parte una componente tattica, ma celano il rischio di una grave crisi commerciale. Al tempo stesso noto che, nonostante questo clima, l’Unione europea e il Giappone stanno sviluppando le loro relazioni economiche di libero scambio. Un’ulteriore escalation delle misure commerciali determinerebbe maggiori contraccolpi per la Svizzera, che è partner di mercati interni più grandi quali USA, Cina ed UE. Essendo un’economia piuttosto piccola, non ha nemmeno la possibilità di imporre i suoi interessi con eventuali contromisure: quello che conta per la Svizzera è più che altro che tutti i Paesi partner rispettino il diritto commerciale internazionale. Per questo si impegna per la difesa della stabilità dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e continua ad ampliare la sua rete di relazioni di libero scambio, ad esempio con i Paesi latino-americani del Mercosur o l’Indonesia.
L’Unione europea rimane un partner commerciale importante per la Svizzera. Qual è il suo giudizio sul funzionamento degli Accordi bilaterali tra Svizzera ed UE in vigore e quali sono le prospettive per un eventuale nuovo Accordo quadro con Bruxelles?
Avendo un’economia aperta e povera di materie prime, la Svizzera cura i rapporti commerciali storicamente stretti con l’UE. Già nel 1972 ha stipulato un accordo bilaterale di libero scambio con le istituzioni che hanno preceduto l’Unione attuale. Sono quindi seguiti l’Accordo sulle assicurazioni nel 1989, sette accordi settoriali (Bilaterali I) nel 1999 e i Bilaterali II nel 2004. La Svizzera e l’UE dispongono oggi di oltre venti accordi principali e di un centinaio di altri accordi che consentono a privati e imprese svizzere di accedere al mercato interno dell’UE e che disciplinano la collaborazione tra la Svizzera e l’UE in diversi settori. Consolidare e proseguire la via bilaterale, preservando l’indipendenza e la prosperità nazionale, costituisce una priorità della Svizzera in materia di politica estera. L’Accordo istituzionale è inteso a garantire un’applicazione più unitaria ed efficiente degli accordi bilaterali attuali e futuri sull’accesso al mercato interno dell’UE. Dovrebbe anche preparare la strada per altri accordi sull’accesso al mercato, ad esempio nel settore dell’elettricità. Nel corso delle trattative sull’Accordo istituzionale, il Consiglio federale mira a un’intesa con l’UE sui seguenti meccanismi istituzionali: la procedura di recepimento del diritto europeo negli accordi che sottostanno all’Accordo istituzionale (dinamizzazione degli accordi), il controllo sull’applicazione di questi accordi nonché la loro interpretazione e la procedura di composizione delle controversie. Le trattative dell’UE con il Regno Unito sull’uscita di quest’ultimo dall’UE e i loro futuri rapporti nel post Brexit hanno influenzato notevolmente il margine di manovra dell’UE, facendo crescere le aspettative di una rapida conclusione dei negoziati con la Svizzera in ambito istituzionale.
Le relazioni economiche tra Svizzera e Italia negli anni scorsi sono rimaste costanti, nonostante i rapporti politici siano stati oggetto di alcune tensioni. Qual è la situazione e quali sono ora a suo parere gli scenari possibili per queste relazioni economiche?
Il commercio con l’Italia è rimasto ad alti livelli anche durante la crisi italiana, il che dimostra come siano stabili e intense le relazioni economiche tra i nostri due Paesi. L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera dopo Germania e Stati Uniti. Anche la Svizzera è un partner importante per l’Italia: è infatti la sesta destinazione principale delle esportazioni italiane (e il decimo fornitore). Nonostante alcuni dissapori nelle relazioni politiche, questa realtà economica è troppo importante per essere messa a rischio. Anche per le tensioni in ambito frontaliero servono soluzioni e la volontà di trovare nuovi approcci risolutivi, se si considera che circa il 50% degli scambi commerciali con l’Italia è concentrato nelle regioni di confine.
Molte banche svizzere sono interessate ad avere il libero accesso ai mercati dei servizi finanziari dei Paesi confinanti, dunque anche al mercato italiano, per poter operare direttamente dalla Svizzera, senza obbligatoriamente avere società controllate in quei Paesi. Mentre con la Germania è stato possibile firmare un’intesa che si avvicina al libero accesso, con Italia e Francia ciò non è stato finora possibile. Ci sono ancora spazi per accordi bilaterali di libero accesso?
La questione è ancora attuale, perché la piazza finanziaria svizzera necessita di buone condizioni quadro per le attività all’estero. Tra queste rientra anche l’accesso ai mercati di rilievo, in particolare quello dell’UE. Purtroppo l’Unione europea e i suoi Stati membri tendono a limitare le operazioni transfrontaliere. La Svizzera si sta adoperando per migliorare la situazione, sia a livello europeo sia a livello bilaterale con gli Stati membri. La Svizzera ha concluso degli accordi con la Germania e l’Austria. Con l’Italia e la Francia sono in corso dei colloqui, ma non mancano le difficoltà. Il tema non è la conclusione immediata di accordi di libero scambio, bensì l’ammissione reciproca delle attività commerciali e una stretta collaborazione in materia di vigilanza. Lo scopo dei negoziati è di garantire alle imprese elvetiche la possibilità di continuare a offrire i propri servizi alla clientela oltre confine.
* Eletto in Consiglio federale il 22 settembre 2010, Johann Schneider-Ammann ha assunto il primo novembre dello stesso anno la carica di capo del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca, il DEFR (sino al 2012 DFE, Dipartimento federale dell’economia).
È stato consigliere nazionale per il Partito Liberale Radicale del Canton Berna dal 1999 al 2010, membro della Commissione dell’economia e dei tributi. Nel 2016 è stato presidente della Confederazione. Johann Schneider-Ammann è nato nel 1952 a Sumiswald (Berna), risiede a Hasle bei Burgdorf (Berna), è sposato con Katharina Schneider-Ammann ed è padre di due figli (nati nel 1979 e nel 1981).
Ha studiato elettrotecnica (Dipl. Ing.Politecnico federale, 1977) ed ha conseguito un Master of Business Administration presso l’INSEAD di Parigi-Fontainebleu (1982-1983). È stato responsabile di progetto presso la Oerlikon-Bührle (1978). Nel 1981 è entrato nell’impresa meccanica Ammann, dove è stato presidente della Direzione del Gruppo e dal 1990 al 2010 presidente del Consiglio d’Amministrazione del Gruppo.
È stato presidente di Swissmem, organizzazione svizzera dell’industria metalmeccanica ed elettrica, membro del Comitato direttivo di economiesuisse (vicepresidente), membro del Comitato direttivo dell’Unione Svizzera degli Imprenditori, membro del CdA di Mikron (presidente), membro del CdA di Swatch e Belenos Clean Power Holding AG, membro del Comitato direttivo della Camera di commercio e dell’industria del Canton Berna, membro del Comitato direttivo dell’Associazione delle imprese svizzere in Germania.
Johann Schneider-Ammann ha annunciato il 25 settembre scorso che lascerà il Consiglio federale alla fine di quest’anno, a più di otto anni dalla sua entrata.