Daniela D’Andrea, CEO Swiss Re Italy and L&H Transaction Head,
racconta il ruolo delle assicurazioni per un mondo più resiliente
Nonostante i progressi della scienza non siamo ancora in grado di stabilire con certezza dove, quando e con quale intensità si verificherà il prossimo terremoto. Allo stesso modo, la maggior parte delle catastrofi naturali oggi può essere solo pronosticata e, spesso, non evitata. Tuttavia, si possono sicuramente evitare parte degli effetti negativi e ridurre una buona parte dei danni. Qualcosa per cui ci stiamo attrezzando, ma troppo lentamente. Sebbene la consapevolezza dei pericoli in generale, e di quelli dovuti al clima in particolare, stia progressivamente aumentando, sono ancora poche le iniziative concrete.
Una di queste è appena arrivata. Nell’ultima legge di bilancio italiana, si introduce per le imprese l’obbligo di assicurazione sui danni da catastrofi naturali. Ora verificheremo come questa norma sarà applicata concretamente. Ma al di là del dibattito, bisogna riconoscere che in via generale c’è una presa di coscienza da parte del decisore pubblico, la consapevolezza che è necessario agire per colmare il gap di protezione verso le catastrofi naturali. Un piccolo grande passo che ci allontana da una cultura che fa affidamento sulla provvidenza (e sull’intervento statale per gli interventi di ricostruzione) e ci avvicina a una più sana cultura della prevenzione e gestione del rischio.
D’altra parte, tra terremoti, frane e alluvioni l’Italia è uno dei paesi più esposti ai disastri della natura, ma allo stesso tempo uno dei meno protetti. L’alluvione dell’Emilia-Romagna, per esempio, ha causato perdite per 10 miliardi di dollari, di cui solo 600 milioni erano assi- curati. Un approccio che in tutte le esperienze dei decenni passati, tra lentezza delle ricostruzioni e uso non ottimale dei fondi pubblici, ha mostrato diverse lacune. E che è ora di cambiare. Anche perché violenti fenomeni ambientali sono in costante aumento. Anzi, tra le maggiori incognite che abbiamo di fronte c’è sicuramente quella ambientale. Nel 2023 per il quarto anno di fila, si sono superati i 100 miliardi di dollari di danni dovuti alle catastrofi naturali. Noi di Swiss Re, dopo decenni di attenta osservazione del fenomeno, riscontriamo perdite che crescono stabilmente tra il 5% e il 7% all’anno, al netto dell’inflazione, con un trend in crescita stabile. Inoltre, nel corso del tempo è andata aumentando la quota di “danni secondari” come alluvioni e incendi (mentre per esempio i terremoti sono danni primari).
In questo scenario di maggiore frequenza e intensità dei disastri naturali aumenta anche la domanda di protezione. Tuttavia, questa domanda non è stata soddisfatta al meglio e, per esempio, la diffusione delle polizze non è ancora ottimale. In particolare, abbiamo visto che il modello dell’obbligatorietà presenta alcune difficoltà e che l’introduzione di sgravi fiscali abbia avuto effetti limitati. Invece, le esperienze dei partenariati pubblico-privato hanno avuto successo.
Un buon esempio è il Turkish Catastrophe Insurance Pool (TCIP), grazie al quale la penetrazione assicurativa per la copertura di base dei terremoti nel segmento residenziale in Turchia è aumentata dal 4% nel 2000 al 59% nel 2023. Si tratta di un modello che è in grado di aiutare a fare prevenzione e migliorare l’efficienza amministrativa dopo un disastro. In generale, per il settore assicurativo rappresenta l’opportunità di diventare stakeholder fondamentale nelle nostre società. Per tutti noi, di sentirci un poco più sicuri.